Le memorie di un sognatore
Tra i tanti libri dello scrittore Fëdor Dostoevskij, “Notti bianche” rappresenta certamente un capitolo a sé; non tanto per la magnificenza che nasconde dietro la sua semplicità, quanto per la tematica di cui è voce narrante.
Attraverso “Notti bianche” Dostoevskij ci presenta la figura del “sognatore“, anima solitaria e irrimediabilmente sottratta alla realtà che si annida nel cuore di tutti noi. Questo racconto parla al nostro Io interiore, svelando ciò che siamo davvero, ma che spesso dimentichiamo di essere.
“Notti bianche” è la dimostrazione che l’uomo è in grado di cogliere la propria essenza e imprimerla in una pagina, lasciando un ritratto di sé universale che nemmeno il tempo potrà mai cancellare.
Fëdor Dostoevskij
“Notti bianche” è considerato un racconto giovanile di Dostoevskij. Questo appellativo non è dovuto solo al fatto che fu pubblicato quando l’autore aveva solo 27 anni. La vita dello scrittore, infatti, fu profondamente segnata da uno spartiacque, che suddivide la sua produzione letteraria in due insiemi distinti. “Notti bianche” fu pubblicato un anno prima che questo fatto accadesse. E forse è proprio questo che rende questo libro differente.
Solo un anno dopo la pubblicazione di “Notti bianche” infatti, Fëdor Dostoevskij fu arrestato per aver fatto parte di una società segreta con scopi sovversivi, imprigionato nella fortezza di Pietro e Paolo, a Pietroburgo, e condannato a morte.

La condanna, in realtà, non ebbe mai luogo. Lo zar Nicola I commutò infatti la pena in lavori forzati a tempo indeterminato. Tuttavia, in un macabro gioco di nervi, la notizia fu comunicata ai condannati a morte solo una volta davanti al plotone di esecuzione.
Questa esperienza (e i successivi quattro anni di inferno in Siberia) furono la svolta di una vita, e segnarono tutta la sua scrittura. Proprio Dostoevskij diceva:
A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante: “se potessi non morire, se potessi far tornare indietro la vita, quale infinità! E tutto questo sarebbe mio! Io allora trasformerei ogni minuto in un secolo intero, non perderei nulla, terrei conto di ogni minuto, non ne sprecherei nessuno!”
“Notti bianche” rappresenta quindi il pensiero dell’autore prima di essere plasmato da questo fatto terribile. Un lascito che ci permette di immergerci ancor più nelle sue convinzioni.
Titolo: Notti bianche
Autore: Fëdor Dostoevskij
Editore: Einaudi
Traduzione: Giulia Galante
La figura del sognatore in “Notti bianche”
Fëdor Dostoevskij è passato alla storia per essere stato un grande antropologo, uno scrittore interessato a studiare l’essere umano in tutte le sue sfaccettature. Non a caso molti dei suoi libri sono stati scritti con il chiaro intento di presentare al pubblico una particolare forma d’essere dell’uomo.
“Notti bianche”, in questo senso, è la presentazione di una figura cardine nella scrittura di Dostoevskij: il sognatore.
Da maestro della narrazione, Dostoevskij ci presenta il sognatore nel miglior modo possibile. Il libro è infatti scritto in prima persona singolare. È quindi il sognatore stesso a parlare e a presentarsi. La descrizione che dà di sé basta per intuire quale libro sia “Notti bianche”:
«Un tipo? … un originale, una persona ridicola! … È una natura particolare … vive una vita che può esistere solo nel mondo fantastico delle fiabe e non nella nostra serissima epoca. Quella vita è un insieme di pura fantasia e ardenti ideali, ma anche di cose comuni e scialbamente prosaiche quando non addirittura incredibilmente volgari.»
Prima di procedere con la recensione di “Notti bianche”, devo fare una premessa. Non stiamo parlando di un libro nell’accezione più classica del termine. “Notti bianche” è un racconto breve fatto di sensazioni e pensieri. Ti basterà pensare che non c’è alcuna trama da raccontare.
Per questo motivo (e solo per questa volta) non seguirò lo schema che ho scelto di adottare per recensire i libri. La guida alle mie recensioni tornerà utile in altre occasioni. Questa volta spazio alla creatività.
La recensione di “Notti bianche”
Come abbiamo detto, “Notti bianche” fu pubblicato nel 1848, e rappresenta uno dei primi scritti dell’autore che più di tutti, assieme a Tolstoj, diede lustro al panorama della letteratura russa.
Questo racconto breve narra di un incontro tra un sognatore e una ragazza, sullo sfondo sfumato di una Pietroburgo d’estate. Suddiviso in quattro notti e una mattina, è l’incarnazione di quanto la vita umana sappia essere vaga e leggera, annebbiata dalle emozioni e aggrappata a ciò che non esiste.
Nonostante non si tratti di un libro di quelli che siamo abituati a leggere, “Notti bianche” racchiude in sé un senso di familiarità nel quale finiamo per immedesimarci. Non è necessaria una trama, né un genere letterario o un obiettivo da raggiungere: il semplice flusso di pensieri del protagonista ci cattura in un vortice dal quale non si può sfuggire.
Un capolavoro che entra di diritto nella letteratura mainstream. Un grande classico che tutti dovrebbero leggere.
Pietroburgo
Ancora una volta Pietroburgo rapisce il cuore di uno scrittore finendo per stuzzicare la sua fantasia. Da “Anna Karenina” passando per Nabokov, Pietroburgo è stata il centro di molte storie. Descritta come una città chiassosa e piena di vita, in cui la mondanità si mescola allo sfondo nebbioso di una realtà incantata, Pietroburgo ha prodotto miti e leggende fin dall’antichità.

“Notti bianche” non è da meno. La Pietroburgo che ci presenta Dostoewskij all’inizio del libro (come precisamente descritto nell’introduzione al racconto di Giulia Gigante nell’edizione Einaudi 2013) è fatta “della stoffa dei sogni“, e perciò “effimera e illusoria“.
L’ambientazione è quindi anche atmosfera, e si insinua nella coscienza dei personaggi plasmandone i comportamenti. Pietroburgo si fa specchio dell’esistenza umana e delle preoccupazioni dei protagonisti. Uno sfondo studiato, perfetto per narrare della solitudine e del primo amore.
Il flusso di coscienza
Come accennavo in precedenza, “Notti bianche” è scritto in prima persona singolare, e lascia che i pensieri del protagonista traspaiano dalle pagine. Questa tecnica ha un nome: lo stream of consciousness, ovvero il flusso di coscienza.
Attraverso questo flusso il sognatore riversa infatti i suoi pensieri sul lettore senza un’interruzione precisa rispetto alla realtà che lo circonda. Un’onda in piena travolgente, che mette a nudo l’essenza dell’uomo e tutti i suoi timori e le sue speranze.
Ed è qui che Dostoevskij costruisce il suo capolavoro: grazie a questo stream of consciousness, “Notti bianche” ci rivela molto di ciò che siamo. L’effetto di immedesimazione è impareggiabile.
Solitudine e amore
Volendo soffermarsi sui temi trattati da questo racconto, dovremmo scrivere un libro più lungo di “Notti bianche” stesso. Mi limiterò quindi a menzionare i due temi principali, che più di tutti emergono dalla lettura: la solitudine e l’amore.
La solitudine viene presentata con forza fin dalle prime pagine. Si tratta della solitudine del sognatore, che vaga per le strade di Pietroburgo senza il coraggio di interagire con nessuno. L’associazione tra la solitudine e l’essenza del protagonista è subito chiara: il sognatore è un tipo alternativo, diverso, e pertanto solo.
Siamo quindi di fronte a una solitudine legata all’emarginazione. Un’emarginazione che non è violenta, ma volontaria: perché è il sognatore stesso che si allontana dal mondo riconoscendosi diverso da tutto il resto. Un accenno grandioso a quanto l’opinione altrui, anche se non dichiarata, possa condizionarci.

In contrasto con la solitudine vi è l’amore, inteso come il primo amore giovanile, fatto di emozioni forti e irrazionalità. Nel racconto è subito chiaro come l’amore sia visto dal sognatore come la medicina per la solitudine; una convinzione che, tuttavia, inizia a mutare nel corso delle pagine.
La necessità di compagnia si trasforma in un’arma a doppio taglio, finendo con il rivelare l’essenza della vita in tutta la sua cruda verità. L’amore è quindi spunto per un’analisi più profonda, che continua a fare capolino tra una riflessione e l’altra, e guida “Notti bianche” verso la sua conclusione.
Notti bianche
“Notti bianche”, nella sua brevità, è quindi un racconto complesso, che nasconde molto più di ciò che vuole narrare. Le riflessioni del sognatore che Dostoevskij ci regala sono quanto di più attuale possiamo desiderare. Pur essendo passati ben 171 anni dalla sua pubblicazione, “Notti bianche” continua ad essere un libro terribilmente attuale. E forse questa è la sua caratteristica più strabiliante.
“Notti bianche” parte dal presupposto di narrare delle difficoltà di un giovane qualunque, e finisce con l’insegnarci qualcosa su noi stessi.
Stiamo parlando di un libro che tutti quanti dovrebbero leggere prima di morire. Innanzitutto per la sua brevità (l’edizione Einaudi tascabile del 2013, con tanto di introduzione, nota biografica e testo in lingua originale incorporati conta solamente 157 pagine) che lo rende accessibile anche a chi è meno avvezzo alla lettura. In secondo luogo per il suo contenuto: perché “Notti bianche” è l’esempio perfetto di come un capolavoro sappia farci crescere in poche pagine.
Qui trovi l’edizione Einaudi, una delle tante case editrici a pubblicare questo grande classico della letteratura:
Scheda riassuntiva di “Notti bianche”
Titolo | Notti bianche |
Autore | Fëdor Dostoevskij |
Genere | Grandi Classici |
Anno | 1848 |
Editore | Einaudi |
Ambientazione | Pietroburgo |
Narratore | Omodiegetico |
Focalizzazione | Immersa |
Narrazione | Prima persona |
Tempo verbale | Passato remoto |
Numero pagine |
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